Angolo Musicale

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mercoledì, giugno 29, 2005

28.06.2005 Preghiera per implorare grazie per l'intercessione del Servo di Dio, il Papa Giovanni Paolo II

Preghiera per implorare grazie
per l’intercessione del Servo di Dio
il Papa Giovanni Paolo II
O Trinità Santa,
ti ringraziamo per aver donato alla Chiesa
il Papa Giovanni Paolo II
e per aver fatto risplendere in lui
la tenerezza della tua paternità,
la gloria della Croce di Cristo
e lo splendore dello Spirito d’amore.
Egli, confidando totalmente nella tua infinita misericordia
e nella materna intercessione di Maria,
ci ha dato un’immagine viva di Gesù Buon Pastore
e ci ha indicato la santità
come misura alta della vita cristiana ordinaria
quale strada per raggiungere la comunione eterna con te.
Concedici, per sua intercessione, secondo la tua volontà,
le grazie che imploriamo,
nella speranza che egli sia presto annoverato
nel numero dei tuoi santi.
Amen.
Con approvazione ecclesiastica
CAMILLO CARD. RUINI
Vicario Generale di Sua Santitàper la Diocesi di Roma

venerdì, giugno 24, 2005

24.05.2005 Mons Joseph Zen a Bari


Io e Mons. Zen Posted by Hello
Durante la mia permanenza in Italia, il vescovo di Hong Kong, Mons. Joseph Zen verra' a Bari, per visitare me, incontrare la mia gente, e il mio Arcivescovo mons. Francesco Cacucci. Egli sara' a Bari - Grumo Appula il giorno 21 e 22 Novembre 2005. Sono molto felice per questo felice incontro che egli avra' con la mia gente. Egli e' un salesiano, e' stato ordinato a Torino, nella citta' dove aveva studiato la Teologia. Per cui parla benissimo l'italiano. Benvenuto Eccellenza!!!

domenica, giugno 19, 2005

19.06.2005 Anniversario del mandato missionario


Consegna del crocifisso Posted by Hello
Esattamente oggi, nel 1999, padre Mariano Magrassi, Arcivescovo di Bari-Bitonto, mia amata chiesa locale mi consegnava il crocifisso, inviandomi ufficialmente alla Chiesa di Hong Kong. Grazie Signore per la vocazione missionaria.

sabato, giugno 18, 2005

18.06.2005 Prime confessioni dei neofiti

Questa sera abbiamo ascoltato le prime confessioni dei neofiti, di coloro cioe' che sono stati battezzati nell'ultima Pasqua. E' sempre un grande mistero ascoltare le confessioni sacramentali. Ma quelle dei neofiti ti stimolano ad amare ancora di piu' il Signore. E' bello notare le fatiche e le gioie di coloro che da poco sono stati illuminati dalla Luce che mai tramonta. Il loro ardore e la loro dedizione per il Signore sono encomiabili. Preghiamo ancora perche' siano sempre fedeli a colui che e' fedele per l'eternita'. Non abbandonino mai Colui che ha chiesto di seguirlo fino all'effusione del sangue. Non deludino Colui che ha posto in essi tutta la sua fiducia e il suo amore.

venerdì, giugno 17, 2005

17.06.2005 Giancarlo Cesana: Il Giudizio sul voto

Giancarlo Cesana: il giudizio sul voto Corriere della Sera, 16.06.2005
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Caro Direttore,
il quorum non è stato raggiunto, abbondantemente. Il fatto è significativo perché a favore del sì, della partecipazione al voto, si erano schierate le personalità più in vista, più alla moda, della politica, della cultura e dello spettacolo; ovvero, le personalità che dovrebbero incarnare il sogno di vita dei più. Tutti costoro non sono riusciti a convincere il popolo a seguirli. Come diceva Chesterton, volendo affermare una libertà illimitata, l’hanno resa solo più indefinita, cioè confusa; come è confusa e contraddittoria con la realtà l’immagine di perfezione umana che perseguono. Il popolo ha preferito stare sulle sue, ancora attaccato ai valori che la tradizione porta. Questo atteggiamento è stato bollato come indifferente e superficiale, se non “idiota”, dalla deriva zapatera in cui le nostre elite culturali e politiche sono cadute, ma questo “bollo” è, per lo meno, antidemocratico. Siccome la non partecipazione è stata del 74%, anche ammettendo che i consapevolmente astenuti siano una minoranza, gli indifferenti o idioti sarebbero superiori al 50% della popolazione. Pensare questo indica un disprezzo per il popolo che molti dei referendari hanno in più occasioni dimostrato e dimostrano. Per tale ragione non si fermeranno, continueranno ad insistere sul valore superiore della loro visione dell’uomo e della società. Continueranno a cercare modi di introdurre le loro leggi astruse, distanti da ciò che è reale e da ciò in cui la maggioranza delle persone cerca il compimento della vita.

Cos’è il compimento della vita, se non il potere vivere la vita come è, con i suoi desideri e le sue difficoltà, senza cadere nella disperazione o fuggire nei sogni?

Se si gratta la cosiddetta indifferenza, sotto si trova l’attesa di tale compimento, che è ridicolo affidare a calcoli di perfezione scientifica, come dimostrano quelli che sono belli ma infelici e, al contrario, quelli che - pur in mezzo a difficoltà grandi - non si scoraggiano e sono contenti di ciò che la vita dà loro. Tutti sappiamo che è così perché ogni giorno tutti sperimentiamo che la felicità non accade in condizioni di perfezione, ma in condizioni inaspettate, reali proprio perché imperfette. Sotto la cosiddetta indifferenza, c’è allora l’attesa dell’incontro con un fatto di verità umana preponderante rispetto alle piccole verità scientifiche che sempre si sono dimostrate insufficienti e, quando hanno preteso di essere assolute, anche dannose. C’è l’attesa di un fatto umano che, quando accade, viene riconosciuto subito come vero, anche se magari non se ne sa spiegare il perché. È per esempio il fatto dei tanti che, vivendo una condizione familiare segnata da handicap pesantissimi, dimostrano un’affezione alla vita senza misura, ben al di là dell’identificazione che certo scientismo pone tra malattia e infelicità. Come è possibile che chi non è “perfetto”, “selezionato”, possa ritenere positiva la propria vita? È possibile perché l’uomo è un mistero, non decifrabile da nessuna teoria, se non quella che riconosce la vita come dono. È possibile per la gratuità di coloro che soccorrono chi ha bisogno con una solidarietà pratica, che passa dall’aiuto materiale e dall’amicizia. È possibile per chi rispetta la vita, tutta, dal suo inizio.

Altro che popolo italiano indifferente! Esso aspetta e, se pur cambia opinione politica, tuttavia non si è ancora dimenticato che il fondamento dell’umanità che cerca è nella propria tradizione cristiana, questa volta proposta da una Chiesa decisa e unita. Anche molti laici hanno riconosciuto tale fondamento, come non era mai accaduto prima. Questa umanità e questa tradizione non si risollevano con prediche aggiuntive alle troppe che già ci sono, ma con un incontro che continui e approfondisca quello che è avvenuto per moltissimi con Giovanni Paolo II, con una personalità come don Giussani; con il nuovo Papa Benedetto XVI; con una donna di fede come la vedova Coletta nella strage di Nassiriya; con un amico che sorprendentemente ci rende prossimo il senso della vita e delle cose.

Un’esperienza umana nuova c’è: non è casuale, è un filo rosso che percorre la storia quotidiana di ciascuno. Bisogna saperla vedere, non averne paura, indicarla, valorizzarla e seguirla. Altrimenti, l’indifferenza rimonterà e si chiuderà su di noi come il mare sul bolso esercito del faraone.

Giancarlo Cesana
di Comunione e Liberazione

giovedì, giugno 16, 2005

16.06.2005 Alcune foto con gli studenti

In questa pagina potrete trovare alcune foto scattate con gli studenti universitari della Chinese University. Nelle piu' recenti, si tratta di una messa di saluto e mandato ad alcuni dei laureati, che stanno per lasciare l'universita'. Questa messa e' stata celebrata nella mia parrocchia il 30 maggio 2005.

http://cukatso.blogspot.com/

sabato, giugno 11, 2005

11.06.2005 Non andare a votare

Cardinal Ruini sui referendum: “Non vogliamo forzare le coscienze ma illuminarle”“Lavoriamo invece per qualcuno: per la vita umana nascente”, afferma ROMA, venerdì, 10 giugno 2005 (ZENIT.org).-


"Non vogliamo forzare le coscienze ma soltanto illuminarle; non siamo contro nessuno, lavoriamo invece per qualcuno", afferma il cardinale Camillo Ruini, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) in vista dei referendum sulla legge 40/2004.Questo è quanto ha detto il porporato italiano, questo giovedì sera, nella sua relazione conclusiva al Convegno della diocesi di Roma su "Famiglia e comunità cristiana: formazione della persona e trasmissione della fede" svoltosi nella Basilica di San Giovanni in Laterano. “Questa sera – ha detto il cardinale Ruini – sento in particolare il bisogno di ringraziare ciascuno di voi per quel che state facendo in rapporto al referendum e alla scelta consapevole del non voto”. “Non siamo noi ad aver voluto il referendum, non siamo e non saremo noi ad esacerbare i contrasti e le contrapposizioni; non vogliamo forzare le coscienze ma soltanto illuminarle”, ha aggiunto quasi a rispondere alle numerose accuse che parlavano di uno “sconfinamento” nel campo della politica in riferimento al suo appello ai fedeli cattolici ad astenersi dal votare il 12 e 13 giugno prossimi.“Non siamo contro nessuno, lavoriamo invece per qualcuno: per la vita umana nascente, certo, e per i figli che hanno diritto a conoscere i propri genitori, ma anche per le donne e gli uomini di oggi e di domani, che devono sempre essere considerati e trattati come persone e non come prodotto di laboratorio o oggetto di sperimentazione, e che anche nel loro giusto desiderio di essere genitori vanno aiutati a non dimenticare che il figlio rimane sempre, prima che una propria soddisfazione, una persona da accogliere in dono", ha detto.Il porporato ha infine concluso precisando che la Chiesa si muove, "anche in quest’occasione, secondo quella logica di servizio e di amore del prossimo che ci ha insegnato il Signore". ZI05061011

martedì, giugno 07, 2005

07.06.2005 Intevento di papa Benedetto XVI sulla famiglia

C'e' davvero tanto da riflettere e studiare su questo meraviglioso intervento del papa Benedetto sulla famiglia. Buona lettura e studio.


DISCORSO DEL SANTO PADRE ALL’APERTURA DEL CONVEGNO ECCLESIALE DELLA DIOCESI DI ROMA SU FAMIGLIA E COMUNITÀ CRISTIANA , 06.06.2005

DISCORSO DEL SANTO PADRE ALL’APERTURA DEL CONVEGNO ECCLESIALE DELLA DIOCESI DI ROMA SU FAMIGLIA E COMUNITÀ CRISTIANA
Alle 19.45 di oggi, il Santo Padre Benedetto XVI si è recato alla Basilica di San Giovanni in Laterano per presiedere l’apertura del Convegno Ecclesiale della Diocesi di Roma su "Famiglia e Comunità cristiana: formazione della persona e trasmissione della fede".
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha pronunciato:
DISCORSO DEL SANTO PADRE
Cari fratelli e sorelle,
ho accolto molto volentieri l’invito a introdurre con una mia riflessione questo nostro Convegno Diocesano, anzitutto perché ciò mi dà la possibilità di incontrarvi, di avere un contatto diretto con voi, e poi anche perché posso aiutarvi ad approfondire il senso e lo scopo del cammino pastorale che la Chiesa di Roma sta percorrendo.
Saluto con affetto ciascuno di voi, Vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, e in particolare voi laici e famiglie che assumete consapevolmente quei compiti di impegno e testimonianza cristiana che hanno la loro radice nel sacramento del battesimo e, per coloro che sono sposati, in quello del matrimonio. Ringrazio di cuore il Cardinale Vicario e i coniugi Luca e Adriana Pasquale per le parole che mi hanno rivolto a nome di voi tutti.
Questo Convegno, e l’anno pastorale di cui esso fornirà le linee guida, costituiscono una nuova tappa del percorso che la Chiesa di Roma ha iniziato, sulla base del Sinodo diocesano, con la Missione cittadina voluta dal nostro tanto amato Papa Giovanni Paolo II, in preparazione al Grande Giubileo del 2000. In quella Missione tutte le realtà della nostra Diocesi - parrocchie, comunità religiose, associazioni e movimenti - si sono mobilitate, non solo per una missione al popolo di Roma, ma per essere esse stesse "popolo di Dio in missione", mettendo in pratica la felice espressione di Giovanni Paolo II "parrocchia, cerca te stessa e trova te stessa fuori di te stessa": nei luoghi cioè nei quali la gente vive. Così, nel corso della Missione cittadina, molte migliaia di cristiani di Roma, in gran parte laici, si sono fatti missionari e hanno portato la parola della fede dapprima nelle famiglie dei vari quartieri della città e poi nei diversi luoghi di lavoro, negli ospedali, nelle scuole e nelle università, negli spazi della cultura e del tempo libero.
Dopo l’Anno Santo, il mio amato Predecessore vi ha chiesto di non interrompere questo cammino e di non disperdere le energie apostoliche suscitate e i frutti di grazia raccolti. Perciò, a partire dal 2001, il fondamentale indirizzo pastorale della Diocesi è stato quello di dare forma permanente alla missione, caratterizzando in senso più decisamente missionario la vita e le attività delle parrocchie e di ogni altra realtà ecclesiale. Voglio dirvi anzitutto che intendo confermare pienamente questa scelta: essa infatti si rivela sempre più necessaria e senza alternative, in un contesto sociale e culturale nel quale sono all’opera forze molteplici che tendono ad allontanarci dalla fede e dalla vita cristiana.
Da ormai due anni l’impegno missionario della Chiesa di Roma si è concentrato soprattutto sulla famiglia, non solo perché questa fondamentale realtà umana oggi è sottoposta a molteplici difficoltà e minacce e quindi ha particolare bisogno di essere evangelizzata e concretamente sostenuta, ma anche perché le famiglie cristiane costituiscono una risorsa decisiva per l’educazione alla fede, l’edificazione della Chiesa come comunione e la sua capacità di presenza missionaria nelle più diverse situazioni di vita, oltre che per fermentare in senso cristiano la cultura diffusa e le strutture sociali. Su queste linee proseguiremo anche nel prossimo anno pastorale e perciò il tema del nostro Convegno è "Famiglia e comunità cristiana: formazione della persona e trasmissione della fede".
Il presupposto dal quale occorre partire, per poter comprendere la missione della famiglia nella comunità cristiana e i suoi compiti di formazione della persona e trasmissione della fede, rimane sempre quello del significato che il matrimonio e la famiglia rivestono nel disegno di Dio, creatore e salvatore. Questo sarà dunque il nocciolo della mia riflessione di questa sera, richiamandomi all’insegnamento dell’Esortazione Apostolica Familiaris consortio (Parte seconda, nn. 12-16).
Il fondamento antropologico della famiglia
Matrimonio e famiglia non sono in realtà una costruzione sociologica casuale, frutto di particolari situazioni storiche ed economiche. Al contrario, la questione del giusto rapporto tra l’uomo e la donna affonda le sue radici dentro l’essenza più profonda dell’essere umano e può trovare la sua risposta soltanto a partire da qui. Non può essere separata cioè dalla domanda antica e sempre nuova dell’uomo su se stesso: chi sono? cosa è l’uomo? E questa domanda, a sua volta, non può essere separata dall’interrogativo su Dio: esiste Dio? e chi è Dio? qual è veramente il suo volto? La risposta della Bibbia a questi due quesiti è unitaria e consequenziale: l’uomo è creato ad immagine di Dio, e Dio stesso è amore. Perciò la vocazione all’amore è ciò che fa dell’uomo l’autentica immagine di Dio: egli diventa simile a Dio nella misura in cui diventa qualcuno che ama.
Da questa fondamentale connessione tra Dio e l’uomo ne consegue un’altra: la connessione indissolubile tra spirito e corpo: l’uomo è infatti anima che si esprime nel corpo e corpo che è vivificato da uno spirito immortale. Anche il corpo dell’uomo e della donna ha dunque, per così dire, un carattere teologico, non è semplicemente corpo, e ciò che è biologico nell’uomo non è soltanto biologico, ma è espressione e compimento della nostra umanità. Parimenti, la sessualità umana non sta accanto al nostro essere persona, ma appartiene ad esso. Solo quando la sessualità si è integrata nella persona, riesce a dare un senso a se stessa.
Così, dalle due connessioni, dell’uomo con Dio e nell’uomo del corpo con lo spirito, ne scaturisce una terza: quella tra persona e istituzione. La totalità dell’uomo include infatti la dimensione del tempo, e il "sì" dell’uomo è un andare oltre il momento presente: nella sua interezza, il "sì" significa "sempre", costituisce lo spazio della fedeltà. Solo all’interno di esso può crescere quella fede che dà un futuro e consente che i figli, frutto dell’amore, credano nell’uomo. La libertà del "sì" si rivela dunque libertà capace di assumere ciò che è definitivo: la più grande espressione della libertà non è allora la ricerca del piacere, senza mai giungere a una vera decisione; è invece la capacità di decidersi per un dono definitivo, nel quale la libertà, donandosi, ritrova pienamente se stessa.
In concreto, il "sì" personale e reciproco dell’uomo e della donna dischiude lo spazio per il futuro, per l’autentica umanità di ciascuno, e al tempo stesso è destinato al dono di una nuova vita. Perciò questo "sì" personale non può non essere un "sì" anche pubblicamente responsabile, con il quale i coniugi assumono la responsabilità pubblica della fedeltà. Nessuno di noi infatti appartiene esclusivamente a se stesso: pertanto ciascuno è chiamato ad assumere nel più intimo di sé la propria responsabilità pubblica. Il matrimonio come istituzione non è quindi una indebita ingerenza della società o dell’autorità, l’imposizione di una forma dal di fuori; è invece esigenza intrinseca del patto dell’amore coniugale.
Le varie forme odierne di dissoluzione del matrimonio, come le unioni libere e il "matrimonio di prova", fino allo pseudo-matrimonio tra persone dello stesso sesso, sono invece espressioni di una libertà anarchica, che si fa passare a torto per vera liberazione dell’uomo. Una tale pseudo-libertà si fonda su una banalizzazione del corpo, che inevitabilmente include la banalizzazione dell’uomo. Il suo presupposto è che l’uomo può fare di sé ciò che vuole: il suo corpo diventa così una cosa secondaria dal punto di vista umano, da utilizzare come si vuole. Il libertinismo, che si fa passare per scoperta del corpo e del suo valore, è in realtà un dualismo che rende spregevole il corpo, collocandolo per così dire fuori dall’autentico essere e dignità della persona.
Matrimonio e famiglia nella storia della salvezza
La verità del matrimonio e della famiglia, che affonda le sue radici nella verità dell’uomo, ha trovato attuazione nella storia della salvezza, al cui centro sta la parola: "Dio ama il suo popolo". La rivelazione biblica, infatti, è anzitutto espressione di una storia d’amore, la storia dell’alleanza di Dio con gli uomini: perciò la storia dell’amore e dell’unione di un uomo ed una donna nell’alleanza del matrimonio ha potuto essere assunta da Dio quale simbolo della storia della salvezza. Il fatto inesprimibile, il mistero dell’amore di Dio per gli uomini, riceve la sua forma linguistica dal vocabolario del matrimonio e della famiglia, in positivo e in negativo: l’accostarsi di Dio al suo popolo viene presentato infatti nel linguaggio dell’amore sponsale, mentre l’infedeltà di Israele, la sua idolatria, è designata come adulterio e prostituzione.
Nel Nuovo Testamento Dio radicalizza il suo amore fino a divenire Egli stesso, nel suo Figlio, carne della nostra carne, vero uomo. In questo modo l’unione di Dio con l’uomo ha assunto la sua forma suprema, irreversibile e definitiva. E così viene tracciata anche per l’amore umano la sua forma definitiva, quel "sì" reciproco che non può essere revocato: essa non aliena l’uomo, ma lo libera dalle alienazioni della storia per riportarlo alla verità della creazione. La sacramentalità che il matrimonio assume in Cristo significa dunque che il dono della creazione è stato elevato a grazia di redenzione. La grazia di Cristo non si aggiunge dal di fuori alla natura dell’uomo, non le fa violenza, ma la libera e la restaura, proprio nell’innalzarla al di là dei suoi propri confini. E come l’incarnazione del Figlio di Dio rivela il suo vero significato nella croce, così l’amore umano autentico è donazione di sé, non può esistere se vuole sottrarsi alla croce.
Cari fratelli e sorelle, questo legame profondo tra Dio e l’uomo, tra l’amore di Dio e l’amore umano, trova conferma anche in alcune tendenze e sviluppi negativi, di cui tutti avvertiamo il peso. Lo svilimento dell’amore umano, la soppressione dell’autentica capacità di amare si rivela infatti, nel nostro tempo, l’arma più adatta e più efficace per scacciare Dio dall’uomo, per allontanare Dio dallo sguardo e dal cuore dell’uomo. Analogamente, la volontà di "liberare" la natura da Dio conduce a perdere di vista la realtà stessa della natura, compresa la natura dell’uomo, riducendola a un insieme di funzioni, di cui disporre a piacimento per costruire un presunto mondo migliore e una presunta umanità più felice.
I figli
Anche nella generazione dei figli il matrimonio riflette il suo modello divino, l’amore di Dio per l’uomo. Nell’uomo e nella donna la paternità e la maternità, come il corpo e come l’amore, non si lasciano circoscrivere nel biologico: la vita viene data interamente solo quando con la nascita vengono dati anche l’amore e il senso che rendono possibile dire sì a questa vita. Proprio da qui diventa del tutto chiaro quanto sia contrario all’amore umano, alla vocazione profonda dell’uomo e della donna, chiudere sistematicamente la propria unione al dono della vita, e ancora più sopprimere o manomettere la vita che nasce.
Nessun uomo e nessuna donna, però, da soli e unicamente con le proprie forze, possono dare ai figli in maniera adeguata l’amore e il senso della vita. Per poter infatti dire a qualcuno "la tua vita è buona, per quanto io non conosca il tuo futuro", occorrono un’autorità e una credibilità superiori a quello che l’individuo può darsi da solo. Il cristiano sa che questa autorità è conferita a quella famiglia più vasta che Dio, attraverso il Figlio suo Gesù Cristo e il dono dello Spirito Santo, ha creato nella storia degli uomini, cioè alla Chiesa. Egli riconosce qui all’opera quell’amore eterno e indistruttibile che assicura alla vita di ciascuno di noi un senso permanente. Per questo motivo l’edificazione di ogni singola famiglia cristiana si colloca nel contesto della più grande famiglia della Chiesa, che la sostiene e la porta con sé. E reciprocamente la Chiesa viene edificata dalle famiglia, "piccole Chiese domestiche", come le ha chiamate il Concilio Vaticano II (Lumen gentium, 11; Apostolicam actuositatem, 11), riscoprendo un’antica espressione patristica (San Giovanni Crisostomo, In Genesim serm. VI,2; VII,1). Nel medesimo senso la Familiaris consortio afferma che "Il matrimonio cristiano… è il luogo naturale nel quale si compie l’inserimento della persona umana nella grande famiglia della Chiesa" (n. 14).
La famiglia e la Chiesa
Da tutto ciò scaturisce una conseguenza evidente: la famiglia e la Chiesa, in concreto le parrocchie e le altre forme di comunità ecclesiale, sono chiamate alla più stretta collaborazione per quel compito fondamentale che è costituito, inseparabilmente, dalla formazione della persona e dalla trasmissione della fede. Sappiamo bene che per un’autentica opera educativa non basta una teoria giusta o una dottrina da comunicare. C’è bisogno di qualcosa di molto più grande e umano, di quella vicinanza, quotidianamente vissuta, che è propria dell’amore e che trova il suo spazio più propizio anzitutto nella comunità familiare, ma poi anche in una parrocchia, o movimento o associazione ecclesiale, in cui si incontrino persone che si prendono cura dei fratelli, in particolare dei bambini e dei giovani, ma anche degli adulti, degli anziani, dei malati, delle stesse famiglie, perché, in Cristo, vogliono loro bene. Il grande Patrono degli educatori, San Giovanni Bosco, ricordava ai suoi figli spirituali che "l’educazione è cosa del cuore e che Dio solo ne è il padrone" (Epistolario, 4,209).
Centrale nell’opera educativa, e specialmente nell’educazione alla fede, che è il vertice della formazione della persona e il suo orizzonte più adeguato, è in concreto la figura del testimone: egli diventa punto di riferimento proprio in quanto sa rendere ragione della speranza che sostiene la sua vita (cfr 1 Pt 3,15), è personalmente coinvolto con la verità che propone. Il testimone, d’altra parte, non rimanda mai a se stesso, ma a qualcosa, o meglio a Qualcuno più grande di lui, che ha incontrato e di cui ha sperimentato l’affidabile bontà. Così ogni educatore e testimone trova il suo modello insuperabile in Gesù Cristo, il grande testimone del Padre, che non diceva nulla da se stesso, ma parlava così come il Padre gli aveva insegnato (cfr Gv 8,28).
Questo è il motivo per il quale alla base della formazione della persona cristiana e della trasmissione della fede sta necessariamente la preghiera, l’amicizia con Cristo e la contemplazione in Lui del volto del Padre. E la stessa cosa vale, evidentemente, per tutto il nostro impegno missionario, in particolare per la pastorale familiare: la Famiglia di Nazareth sia dunque, per le nostre famiglie e per le nostre comunità, oggetto di costante e fiduciosa preghiera, oltre che modello di vita.
Cari fratelli e sorelle, e specialmente voi, cari sacerdoti, conosco la generosità e la dedizione con cui servite il Signore e la Chiesa. Il vostro lavoro quotidiano per la formazione alla fede delle nuove generazioni, in stretta connessione con i sacramenti dell’iniziazione cristiana, come anche per la preparazione al matrimonio e per l’accompagnamento delle famiglie nel loro spesso non facile cammino, in particolare nel grande compito dell’educazione dei figli, è la strada fondamentale per rigenerare sempre di nuovo la Chiesa e anche per vivificare il tessuto sociale di questa nostra amata città di Roma.
La minaccia del relativismo
Continuate dunque, senza lasciarvi scoraggiare dalle difficoltà che incontrate. Il rapporto educativo è per sua natura una cosa delicata: chiama in causa infatti la libertà dell’altro che, per quanto dolcemente, viene pur sempre provocata a una decisione. Né i genitori, né i sacerdoti o i catechisti, né gli altri educatori possono sostituirsi alla libertà del fanciullo, del ragazzo o del giovane a cui si rivolgono. E specialmente la proposta cristiana interpella a fondo la libertà, chiamandola alla fede e alla conversione. Oggi un ostacolo particolarmente insidioso all’opera educativa è costituito dalla massiccia presenza, nella nostra società e cultura, di quel relativismo che, non riconoscendo nulla come definitivo, lascia come ultima misura solo il proprio io con le sue voglie, e sotto l’apparenza della libertà diventa per ciascuno una prigione. Dentro a un tale orizzonte relativistico non è possibile, quindi, una vera educazione: senza la luce della verità; prima o poi ogni persona è infatti condannata a dubitare della bontà della sua stessa vita e dei rapporti che la costituiscono, della validità del suo impegno per costruire con gli altri qualcosa in comune.
E’ chiaro dunque che non soltanto dobbiamo cercare di superare il relativismo nel nostro lavoro di formazione delle persone, ma siamo anche chiamati a contrastare il suo predominio nella società e nella cultura. E’ molto importante perciò, accanto alla parola della Chiesa, la testimonianza e l’impegno pubblico delle famiglie cristiane, specialmente per riaffermare l’intangibilità della vita umana dal concepimento fino al suo termine naturale, il valore unico e insostituibile della famiglia fondata sul matrimonio e la necessità di provvedimenti legislativi e amministrativi che sostengano le famiglie nel compito di generare ed educare i figli, compito essenziale per il nostro comune futuro. Anche per questo impegno vi dico un grazie cordiale.
Sacerdozio e vita consacrata
Un ultimo messaggio che vorrei affidarvi riguarda la cura delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata: sappiamo tutti quanto la Chiesa ne abbia bisogno! Perché queste vocazioni nascano e giungano a maturazione, perché le persone chiamate si mantengano sempre degne della loro vocazione, è decisiva anzitutto la preghiera, che non deve mai mancare in ciascuna famiglia e comunità cristiana. Ma è anche fondamentale la testimonianza di vita dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose, la gioia che essi esprimono per essere stati chiamati dal Signore. Ed è ugualmente essenziale l’esempio che i figli ricevono all’interno della propria famiglia e la convinzione delle famiglie stesse che, anche per loro, la vocazione dei propri figli è un grande dono del Signore. La scelta della verginità per amore di Dio e dei fratelli, che è richiesta per il sacerdozio e la vita consacrata, sta infatti insieme con la valorizzazione del matrimonio cristiano: l’uno e l’altra, in due maniere differenti e complementari, rendono in qualche modo visibile il mistero dell’alleanza tra Dio e il suo popolo.
Cari fratelli e sorelle, vi affido queste riflessioni come contributo al vostro lavoro nelle serate del Convegno e poi durante il prossimo anno pastorale. Chiedo al Signore di darvi coraggio ed entusiasmo, perché questa nostra Chiesa di Roma, ciascuna parrocchia, comunità religiosa, associazione o movimento partecipi più intensamente alla gioia e alle fatiche della missione e così ogni famiglia e l’intera comunità cristiana riscopra nell’amore del Signore la chiave che apre la porta dei cuori e che rende possibile una vera educazione alla fede e formazione delle persone. Il mio affetto e la mia benedizione vi accompagnano oggi e per il futuro.
[00706-01.02] [Testo originale: Italiano]

07.06.2005 Una settimana molto piena

Il 29 maggio ho gioito pienamente per la visita del santo Padre Benedetto XVI nella mia amata diocesi di Bari-Bitonto.
Quel giorno era la festa del Corpo e Sangue di Cristo e nella nostra comunita' parrocchiale abbiamo anche festeggiato i bambini che per la prima volta ricevevano la Comunione.
Nel pomeriggio, poi, per la prima volta abbiamo fatto la processione del Corpus Domini nella nostra parrocchia. A motivo dell'anno Eucaristico, abbiamo voluto ripristinare questa vetusta tradizione. Non e' stato facile. Nemmeno la polizia sapeva cosa fosse una processione. Pensavano che fosse una dimostrazione contro qualcuno o qualcosa, oppure una marcia per raccogliere soldi (cosa questa, molto diffusa in HK). Alla fine ci siamo riusciti. Abbiamo celebrato la Liturgia delle Ore con la comunita' inglese e cinese e poi abbiamo iniziato la processione. Abbiamo camminato per circa 30 minuti passando per cosi' dire proprio dalla piazza. Tutti si chiedevano cosa fosse, oppure cosa significasse la parola Santissimo, e cosi' via. Abbiamo poi concluso con la benedizione Eucaristica davanti alla Chiesa, nel nostro parcheggio. E' stata una bella manifestazione di fede e di onore per la Santa Eucaristia.

Domenica scorsa, invece, era la festa della nostra parrocchia, dedicata al Cuore Immacolato di Maria. Il modo in cui celebriamo noi la festa patronale non e' come quella che si celebra in Italia. Le nostre luminarie sono le bandierine colorate che si mettono fuori della chiesa a mo' di cielo colorato. Non abbiamo fuochi pirotecnici. Quelli li organizza il governo per le feste nazionali o culturali. Non abbiamo la banda musicale che suona o che passa per le vie cittadine. Sarebbe una cosa assurda e faticosissima per i musicisti. Non abbiamo nessuna processione esterna.
La nostra festa e' per lo piu' spirituale. Di solito si invita il vescovo per una concelebrazione eucaristica nel pomeriggio. Ma questo noi non lo facciamo perche' ci siamo accorti che aggiungere una messa straordinaria e' inutile. Pochissimi partecipano. Hanno gia' partecipato alla messa mattutina. Per cui durante la mattinata abbiamo celebrato le messe in onore del Cuore Immacolato di Maria. Nel pomeriggio tardo ci siamo radunati presso un ristorante e abbiamo cenato insieme. C'erano 40 tavoli rotondi. Ogni tavolo ha 12 sedie circa. Quindi eravamo quasi un 500 persone. I giovani della parrocchia hanno animato la cena, con canti, danze e estrazioni di premi. Anche le Filippine della nostra comunita' hanno danzato e cantato. Tutto nella gioia e nell'armonia, consapevoli di essere una sola ed unica famiglia. Questa e' la nostra festa!!! Questa e' la nostra festa parrocchiale.