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sabato, novembre 05, 2005

La Cina rivede la sua politica di pianificazione familiare

La Cina rivede la sua politica di pianificazione familiare.
Una riflessione sulle conseguenze frena le politiche più dure PECHINO, sabato, 29 ottobre 2005 (ZENIT.org).-

La Cina sta pagando un pesante pegno per la sua dura politica di controllo demografico dell’ultimo quarto di secolo. Un riepilogo di queste conseguenze è apparso in un articolo pubblicato il 15 settembre sul New England Journal of Medicine. L’articolo intitolato “The Effect of China's One-Child Family Policy after 25 Years” (Le conseguenze della politica del figlio unico in Cina dopo 25 anni), scritto da Therese Hesketh e Zhu Wei Xing, osserva che questa normativa riguarda materie che spaziano dalle dimensioni della famiglia, al matrimonio in età avanzata, allo scaglionamento dei figli. L’espressione “politica del figlio unico” è in effetti fuorviante, in quanto essa è applicata solo ad una parte della popolazione e principalmente ai dipendenti pubblici e agli abitanti delle aree urbane. Alle famiglie rurali viene generalmente consentito di avere un secondo figlio, anche se dopo cinque anni dalla nascita del primo, soprattutto se il primo è una femmina.Le restrizioni sono attuate attraverso un sistema assai diversificato di premi e di penalità, amministrato dai funzionari pubblici locali. Esso può comprendere incentivi economici per chi rispetta le regole, o consistenti sanzioni, tra cui la confisca dei beni e il licenziamento dal lavoro, per chi non le rispetta.La contraccezione e l’aborto sono la spina dorsale di questa politica. In genere vengono attuate misure di lunga durata, come i dispositivi intrauterini e la sterilizzazione, che insieme assommano a più del 90% dei metodi contraccettivi utilizzati sin dalla metà degli anni ’80. Gli autori osservano che alle donne in genere non viene data alcuna la possibilità di scelta nella contraccezione.Hesketh e Zhu osservano poi che le autorità rivendicano il successo di questa politica che ha impedito la nascita di un numero di bambini che va dai 250 milioni ai 300 milioni. Gli autori avvertono tuttavia che le statistiche demografiche in Cina sono note per essere oggetto di manipolazione da parte del Governo. Il tasso di fertilità totale – la media dei figli nati per donna – è diminuito dai 2,9 del 1979 all’1,7 del 2004, con un livello dell’1,3 figli nelle aree urbane e poco meno di 2,0 figli nelle zone rurali.L’eliminazione delle figlie Una delle conseguenze della pianificazione familiare è la crescente sproporzione tra maschi e femmine. La proporzione di maschi nati vivi rispetto alle femmine nate vive varia dall’1,03 all’1,07 nei Paesi industrializzati. In Cina il rapporto era dell’1,06 nel 1979, ma nel 2001 ha raggiunto la cifra di 1,17 maschi per ogni femmina.La selezione del sesso attraverso l’aborto, resa possibile grazie all’uso delle immagini ecografiche mediante le quali identificare il sesso dei bambini non nati, riguarda un’ampia percentuale delle bambine femmine uccise. E mentre si pensa all’infanticidio come ad un fenomeno raro, si osserva che, di fatto, le fanciulle malate ricevono meno cure mediche. La crescente scarsità di donne ha già portato ad un aumento dei rapimenti e del traffico di donne finalizzato al matrimonio, e potrebbe ben rappresentare una minaccia alla stabilità del Paese negli anni che verranno, secondo alcuni analisti.Il basso tasso di natalità ha fatto da sfondo ad un rapido invecchiamento della popolazione cinese. La percentuale delle persone ultra sessantacinquenni era il 5% della popolazione nel 1982 e ora si attesta al 7,5%. Entro il 2025 potrebbe raggiungere il 15%. Si tratta di cifre certamente più basse rispetto ai Paesi industrializzati. Ma la mancanza di un adeguato sistema pensionistico in Cina implica che gran parte degli anziani debba dipendere dai propri figli per un sostegno, tanto da generare preoccupazione per il numero sempre più esiguo di nascite. Le autorità hanno implicitamente riconosciuto alcuni dei problemi generati dalle misure di pianificazione familiare, e stanno adottando politiche più flessibili in diverse regioni del Paese. Una ammissione palese è arrivata invece all’inizio di quest’anno, secondo la Reuters del 6 gennaio, quando, in occasione del raggiungimento in Cina della soglia di 1,3 miliardi di persone, un editoriale apparso sul China Daily, pur sostenendo la politica del figlio unico, ha ammesso che: “la politica della pianificazione familiare è diventata controproducente in alcuni luoghi”.La Reuters ha poi riportato lo stesso giorno che la Cina stava adottando ulteriori misure per ridurre la pratica dell’aborto selettivo. L’agenzia di stampa afferma che, secondo i dati del Governo, per ogni 100 femmine nascono 119 maschi. L’aborto per la selezione del sesso era già stato reso illegale, ma i nuovi programmi prevedono un ulteriore restringimento della normativa, tra cui il divieto di far uso di apparecchi ecografici per identificare il sesso dei feti.Le autorità hanno tuttavia chiarito che non faranno opposizione alle politiche di pianificazione familiare. L’Associated Press ha riferito il 5 gennaio scorso che una donna di Shangai, Mao Hengfeng, è stata condannata ad ulteriori tre mesi di lavori forzati per la sua opposizione alle politiche. La donna stava già scontando la pena di un anno e mezzo per la sua campagna diretta all’eliminazione delle politiche di pianificazione familiare.Le repressioni aumentano I recenti eventi verificatisi nella provincia orientale dello Shandong dimostrano quanto restrittive siano ancora le politiche di pianificazione familiare. Il 7 settembre, il Washington Post ha riferito che Chen Guangcheng, contadino non vedente che ha partecipato alla campagna contro l’uso della sterilizzazione forzata e all’aborto coatto, era stato arrestato dalle autorità mentre si trovava a Pechino nel periodo in cui stava preparando un ricorso contro questi abusi.Chen vive a Linyi, una città a Sud-Est della capitale. Egli aveva protestato contro quei provvedimenti locali che imponevano ai genitori con due figli di essere sterilizzati, e alle donne incinte del terzo figlio di essere sottoposte ad aborto. Tre giorni dopo il Washinton Post riferiva che Chen era stato posto agli arresti domiciliari dalle autorità e non poteva ricevere visite. La rivista Time del 19 settembre, trattando dello stesso tema, ha riportato graficamente le descrizioni del caso di aborto forzato a cui è stata sottoposta Li Juan, esercitato su un feto di 9 mesi di gestazione. L’articolo spiega che le politiche di pianificazione familiare erano state allentate a livello nazionale nel 2002, consentendo ai genitori di avere ulteriori figli, a condizione di pagare pesanti sanzioni. Ma, oggi, in molti casi i funzionari locali del Partito comunista continuano a mantenere in vigore il sistema anteriore e le relative norme.Dopo le critiche espresse dai responsabili provinciali, per i tassi di natalità a loro avviso troppo alti, i funzionari locali hanno avviato una campagna a marzo per l’eliminazione di ciò che hanno considerato come nascite in eccesso. La rivista Time ha descritto l’operazione come “una delle più brutali sterilizzazioni di massa e campagne abortive mai viste in anni”. In una singola contea, almeno 7.000 persone erano state costrette a farsi sterilizzare tra marzo e luglio. Secondo il Time, diversi abitanti dei villaggi erano stati percossi a morte per aver tentato di aiutare i componenti delle proprie famiglie ad evitare la sterilizzazione.I funzionari hanno anche arrestato i componenti delle famiglie che non volevano essere sterilizzati, secondo il Chicago Tribute del 2 ottobre. E in un caso, una famiglia era stata costretta a pagare una multa equivalente a 617 dollari, più di quanto un agricoltore medio guadagna in un anno di lavoro nella provincia.Il Washington Post ha ripreso l’argomento il 20 settembre scorso, riportando che i funzionari della città di Linyi erano stati licenziati per gli abusi commessi nell’attuazione della politica del figlio unico. Ma il quotidiano ha anche citato Jian Tianyong, avvocato locale, coinvolto in una causa contro i funzionari, il quale avrebbe detto che solo alcuni funzionari di livello inferiore erano stati puniti, senza toccare i leader del partito.Gli eventi recenti sono stati criticati dall’organizzazione per i diritti umani Amnesty International. In un comunicato stampa del 14 ottobre, Amnesty ha affermato di non aver preso una posizione ufficiale sulla “politica del controllo delle nascite”. La sua preoccupazione è rivolta invece alle violazioni dei diritti umani commesse nell’applicazione di questa politica mediante mezzi coercitivi.Con riferimento all’imposizione dell’aborto e della sterilizzazione, e alla detenzione delle persone, Amnesty ha dichiarato di considerare tali azioni “delle pratiche crudeli, disumane e degradanti, equiparabili alla tortura”. ZIA05102901